Referendum Lavoro

giovedì 13 settembre 2012

Un patto per il lavoro che agita la politica


di Loris Campetti
La foto di gruppo davanti al Palazzaccio sembra una foto d'epoca. In prima fila tutti i pezzi del puzzle che disegnava il governo Prodi: Di Pietro, Vendola, Ferrero, Diliberto, Bonelli. Manca solo Prodi con il suo partito. In seconda fila, però, nell'istantanea ci sono la Fiom con il volto di Francesca Re David, Alba con Alberto Lucarelli, due giuslavoristi del rango di Romagnoli e Alleva. Appena più defilati troviamo un pezzetto della maggioranza Cgil con la presenza di Gianpaolo Patta e infine il motore di un'operazione politica e sociale che porterà un po' di scompiglio nel Pd e nella Cgil e di lavoro in campagna elettorale: Gianni Rinaldini, coordinatore della «Cgil che vogliamo».

I due quesiti referendari sul lavoro per liberarci dell'art.8 della manovra berlusconiana e ripristinare nel suo testo originario l'art.18 fatto a pezzi dal governo Monti, sono stati depositati ieri in Cassazione da un comitato promotore arcobaleno. È uno schieramento politico e sociale che si costituisce su un programma, e non a prescindere da esso. E sui programmi la foto di gruppo non può certo essere quella di Vasto di un anno fa - Bersani, Di Pietro e Vendola. Per dissolvere ogni eventuale equivoco, la presidente del Pd Rosi Bindi ha fatto battere dalle agenzie una dichiarazione di fuoco, in contemporanea allo scatto della foto davanti alla Corte di Cassazione: questi referendum, dice, sono «un grave errore». Ai reprobi Bindi ricorda che allo sbudellamento dell'art.18 ha contribuito anche il suo partito, il Pd. Un modo per chiedere ai suoi militanti coerenza e, per usare un termine un po' più forte, obbedienza.
Uno a cui è inutile chiedere obbedienza è l'eurodeputato Pd Sergio Cofferati, l'uomo-simbolo che da segretario della Cgil portò in piazza tre milioni di persone con cui si riuscì a impedire a Berlusconi di liberarsi dell'art.18. Operazione riuscita alla grande al governo Monti, con il sostegno essenziale del Pd come ricorda la sua presidenta, senza che la Cgil mettesse in campo lo sciopero generale nazionale. Cofferati ha spedito una lettera non lascia dubbi: si può cambiare lavoro nella vita, dal sindacato alle istituzioni alla politica, ma sui diritti dei lavoratori le idee non possono cambiare: «Gli impegni parlamentari di Strasburgo mi impediscono di essere lì con voi, ma voglio dirvi che aderisco con convinzione alla promozione dei referendum abrogativi dell'art.8 della legge 138bis e delle norme che hanno di fatto cancellato l'art.18 dello Statuto dei lavoratori». Cofferati denuncia l'attacco ai diritti in atto in tutt'Europa, una risposta sbagliata alla crisi. «La raccolta delle firme sarà anche l'occasione per riproporre una discussione sui temi del valore sociale del lavoro e dell'importanza vitale dei diritti delle persone».
Con toni diversi, tutti i soggetti promotori (i firmatari sono 15) mettono in evidenza la centralità della difesa dei diritti («il ripristino della civiltà del lavoro», dice Vendola) e l'importanza di un'alleanza che potrebbe prefigurare un futuro schieramento. Di Pietro - che dopo aver presentato in solitaria i referendum, con il suo passo indietro ha consentito di trasformarli in una battaglia comune del fronte antiliberista - chiama in causa Bersani a cui ricorda. «Casini se va al governo mantiene la riforma Fornero. Il Pd deve decidersi: la appoggerebbe o la sostituirebbe?». Paolo Ferrero, segretario del Prc, dichiara: «Il referendum che abbiamo presentato stamattina ha un solo obiettivo, difendere i lavoratori dai disastri fatti dalla Bindi e dal Pd». La battaglia referendaria si aprirà il 13 ottobre con la raccolta delle firme in una quindicina di città. La Fiom che più di ogni altro soggetto si è spesa contro la cancellazione dei diritti dei lavoratori e perciò è stata estromessa dal lavoro sindacale da molte fabbriche, a partire dalla Fiat di Marchionne, ricorda che gli effetti della controriforma dell'art.18 si fanno già sentire, con i primi licenziamenti individuali per ragioni economiche che dalla legge originaria non sarebbero stati consentiti. A fare i banchetti per la raccolta delle firme non saranno solo le forze politiche promotrici e la Fiom ma anche settori della Cgil: Lavoro e società, guidata da Nicola Nicolosi, sarà in prima fila senza subire i condizionamenti della segreteria Camusso, di cui pure fa parte. Nel corso del direttivo di lunedì, la segretaria della Cgil aveva criticato quei dirigenti dell'organizzazione che avevano deciso di impegnarsi in prima persona nella promozione dei referendum. Il riferimento era anche a Gianni Rinaldini e alla minoranza «La Cgil che vogliamo». Rinaldini ieri si è detto molto soddisfatto per aver contribuito ad allargare l'imminente campagna elettorale ai temi del lavoro e dei diritti.
Nei prossimi giorni sarà lanciato dai promotori un sito dedicato alla campagna referendaria e prenderà vita un comitato di sostegno nazionale ai referendum sul lavoro a cui aderiranno intellettuali, giuristi, forze sociali e sindacali.

il manifesto 12 settembre 2012

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